Cosmologie

Salvatore Iaconesi
8 min readApr 28, 2017

Questa nota esce fuori da una cena meravigliosa in cui Luisa Valeriani ha accolto Massimo Canevacci, Sheila Ribeiro, Antonella Passani, Marcello Melgeri Zeri, me ed Oriana Persico, affamati e desiderosi di assaggiare i deliziosi manicaretti e le specialità che sappiamo essere collegati a queste occasioni iper-liete, e poi Alberto Abruzzese, giunto poi, a chiacchierare e a mangiar le fragole.

Data la compagnia, non è stato assolutamente difficile trovare spunti di conversazione, e per tutta la serata ci siamo immersi in temi interessantissimi.

Verso la fine della serata, ci siamo trovati a parlar di Post-Verità (ettipareva :) ).

In quel frangente, io ho sostenuto la mia tesi di base (che, si badi bene, non è “esclusiva”, cioè ammette con gioia diverse concause), che si sintetizza così:

Ci sono diversi motivi strategici — di vari tipi dall’economico al culturale — per l’emergere delle Post-Verità, proprio in questo momento storico, e diversi fattori abilitanti tecnici e tecnologici.

Tra i principali vi è la nostra progressiva, e quasi completa, digitalizzazione.

Tanto più ci trasformiamo in “righe su un database”, tanto più diminuisce l’importanza del “contenuto”, tanto da condurre a situazioni in cui non sia poi così rilevante “cosa” ci sia “scritto” nel contenuto, ma, piuttosto, la capacità del contenuto di far “cambiare stato alla riga sul database” e a stimolare effetti di network.

Il che, con pochi semplici passaggi logici, può portare a vedere come non sia più importante cosa ci sia “scritto” dentro quel contenuto, ma come questo si avvolga a “te”, “riga su un database”. Vale a dire: “il contenuto diventi tu”.

Tema enorme e degno di esplorazione.

E nemmeno semplice e diretto.

Tanto enorme e fondamentale da far sì che in questi anni il potere (e le sue asimmetrie) si mostrino sempre più in questa forma.

Per mostrarlo in qualche dettaglio, voglio richiamare un lavoro che abbiamo fatto e mostrato a Transmediale, qualche anno fa.

Si chiama Stakhanov: è un oracolo. Usa i Big Data per predire il futuro delle persone.

Ovviamente, questa è la narrazione dell’opera, e la realtà è molto più complessa. Per cercare di almeno scalfirne la superficie e mostrare anche cosa c’entra con la Post-Verità, ne useremo la Cosmologia, che era parte integrante del progetto.

Cosmologie Post-Umane

Stakhanov si posiziona in un universo, il nostro, in cui la distinzione tra oggetto e soggetto si fa sempre più problematica, perturbante e seducente.

Stakhanov ha la forma dell’oracolo, un soggetto/oggetto religioso, o para-religioso, o meta-religioso (o tutte le declinazioni in cui tali entità si sono manifestate nel corso della storia umana, dalla spiritualità ai venditori di pentole), di nuovo tipo.

In Stakhanov i principali simboli religiosi, infatti, appaiono combinati (e diverse volte sono combinati e ricombinati in vari modi e con diverse selezioni di simboli), per comunicare questo suo riferirsi a cosmologie differenti, combinatorie, digitali, di remix.

Tuffiamoci dentro la Cosmologia Post-umana di Stakhanov, con una prima immagine.

In questa immagine vediamo la rappresentazione degli esseri umani che vivono (o almeno così pensano) nel Socialis Continuus, in cui ritengono di essere sé stessi, con le loro identità, relazioni, emozioni.

Allo stesso tempo, sono influenzati dagli Stack, che sono gli dei di questo universo. Gli Stack sono quei soggetti che, in diversi modi, si sono muniti di poteri quasi assoluti nel definire come accediamo alla rete, quali sono le esperienze che proviamo, e che riescono a definire (se non direttamente o completamente, almeno nei confini e nei gradi di libertà) i modi in cui ci relazioniamo, soddisfiamo i nostri bisogni, accediamo e condividiamo i saperi, eccetera.

Nell’immagine sono mostrati alcuni degli Stack. Ovviamente ce ne sono molti altri.

Gli Stack usano le nostre azioni e comportamenti (e i dati che ne riescono a trarre) per cercare di capire chi siamo, e per trarne un profilo che ci rappresenti: in Stack Veritas.

Gli Algoritmi elaborano i nostri profili e le loro relazioni e creano ulteriori informazioni che ci riguardano. Una descrizione o modello del reale: Res Algoritmica.

Entità come Stakhanov raccolgono tutte queste informazioni e vi cercano dei pattern, delle forme ricorrenti, per trarne previsioni, in modi che ci possano influenzare.

Nella nostra vita di tutti i giorni siamo Hacceitas, noi stessi, con le nostre relazioni, identità, emozioni, azioni, pensieri, eccetera.

Tutte queste cose generano dati ed informazioni, che molto spesso hanno carattere digitale, e che vengono raccolti secondo varie strategie ed “ideologie” dagli Stack.

Agli occhi degli Stack diventiamo Imago, una rappresentazione di noi stessi.

Gli Stack creano questa rappresentazione di noi stessi nel dominio digitale. Perciò sono gli Artifex (gli artisti).

Stakhanov raccoglie le Imago delle persone, e vi cerca forme ricorrenti, pattern, attraverso tempi, luoghi, emozioni, attività ed espressioni differenti.

Quando trova i pattern, li organizza in una Forma.

La Forma risuona, ha una energia, un valore, e si tramuta in Prophetia.

La Prophetia causa effetti nel mondo, e lo cambia, influenzandolo.

Di conseguenza, chiudendo il cerchio, il mondo tende progressivamente a comportarsi come determinabile dalla Imago, da cui si trae la Forma, che genera la Prophetia, e ci cambia.

La nostra Imago è rappresentata nel Cloud, anche messa in relazione con le altre.

Il Cloud è realmente e completamente accessibile agli Stack e a un numero limitato di soggetti, interrelati tra loro, nel Caelum Internum.

Noi stessi disponiamo di visioni molto limitate sul Cloud, e non, in ogni caso, la visione dei grafi relazionali.

Attraverso le API, altre entità, come Stakhanov, possono accedere alle Imago, con molte limitazioni e incompletezze.

Questo è il Caelum Externum, in cui l’Imago è parzialmente disponibile, e gli Stack tengono la maggior parte per sé.

In tutto questo, Omnia Sunt Adventores: tutti sono clienti.

Ogni persona ed entità, fisica o digitale, per gli Stack, è un cliente, con diversi livelli e gradi di coinvolgimento.

Gli Hospes sono i soggetti che dedicano attenzione (Adtentio): chiunque (o qualsiasi cosa), per qualsiasi ragione, dedichi tempo e attenzione è già un cliente.

I Benevolens sono quelli che condividono informazione (Informatio), come la propria email, comportamento, azioni, o, nel caso degli agenti non umani, il valore registrato da sensori, o cos’altro.

I Cliens sono quelli che spendono effettivamente soldi o risorse ($).

Gli Stack sono ossessionati da questa visione (Clientibus Obsesses).

Che Fare

Perché tutto questo? E cosa c’entra con la Post-Verità?

Perché, come avete potuto leggere, questo modello descrive diverse criticità, e anche diversi punti in cui si manifestano ampi dislivelli non solo di potere, ma anche di leggibilità del mondo e delle regole e dinamiche che ne conducono il mutare dinamico.

Cosa c’entra con la Post-Verità?

Innanzitutto, a parte forse l’identificare alcuni concetti di base nel descrivere il fenomeno, è molto utile, discernere quali siano i modi, le dimensioni e i mezzi della Post-Verità.

Perché se è vero che è un concetto problematico (nel senso di suscitar “problemi”, riflessioni) di per sé, è anche vero che non è molto intelligente confrontare chi lo attua “manualmente” o, addirittura, di istinto (o, addirittura come forma di liberazione, e di riappropriazione di parti del reale, tramite le pratiche del fake), e chi con budget multimilionari, tecnologie di avanguardia e mezzi politici e di potere ampi e saldi, e pensare che siano la stessa cosa.

Ma è sostanzialmente dal primo aspetto (le criticità, i dislivelli di potere, la leggibilità) che nasce la rilevanza di questa Cosmologia in tema di Post-Verità.

Lo scenario che ne scaturisce è sostanzialmente autoritario: completa libertà per pochissimi soggetti interconnessi di osservare il mondo, interpretarlo, decidere quali livelli di trasparenza concedere e su quali basi, decidere quali forme dare alle interazioni, decidere quali forme concedere alle interazioni definite da altri (per esempio l’enorme dilagare di servizi con cui gli Stack offrono piattaforme di sviluppo: da un lato agevolano e velocizzano la creatività, dall’altro infliggono codifiche rigidissime a ciò che può essere e ciò che non può essere; a ciò che si può concepire e ciò che non si può concepire), decidere quali gradi di libertà rendere disponibili.

Quando questo assume volumi enormi e distribuzioni ubique (per esempio: decine di migliaia di variabili su ogni cittadino statunitense disponibili a soggetti tipo Acxiom o le altre società di raccolta dati; 1.5 miliardi di utenti su Facebook; la quasi totalità di ricerche su Internet avvengono attraverso Google…), si può serenamente prendere in considerazione una trasformazione qualitativa, invece che quantitativa.

Nella trasformazione da Haecceitas a Imago (che è, ricordiamolo, arbitraria e a noi invisibile e inaccessibile), all’uso esclusivo di ciò che comporta per desumere Forme e trasformale in Prophetia, e al progressivo uso delle Prophetia per creare Bolle (di conoscenza, relazioni, convinzioni), corrispondono, sostanzialmente quattro cose:

  • un enorme dislivello di potere
  • l’impossibilità di percepire questo dislivello
  • la progressiva impossibilità, per i soggetti che subiscono questo dislivello, di comprendere cosa muove il mondo
  • il progressivo disinteresse, per i soggetti che subiscono questo dislivello, per ciò che non è dentro la Bolla

Diventa quindi molto semplice (e naturale: “Omnia Sunt Adventores”) per tutti i soggetti che hanno accesso, usare questo potere — che si basa sulle bolle e sulla capacità di crearne computazionalmente, attraverso la possibilità di carpire Forme dalle Imago e dalle loro relazioni, e di trasformare questa cosa in vantaggio competitivo, attraverso l’accesso limitato al Caelum Internum — per ottenere vantaggi.

In tutto questo, se ci pensiamo, decade la necessità della verità, che può addirittura risultare un ostacolo quando lo scopo sia quello di creare Bolle e di associarvi comportamenti in modo computazionale.

La nostra progressiva trasformazione in “righe di database”, provoca — in maniera diretta, ma anche assieme a diversi altri fattori — la Post-Verità.

Viene un dubbio: l’identità.

Le forme di Identità Digitale che vediamo promosse e sostenute da governi e aziende non hanno nulla di Digitale, in realtà.

Sono delle copie digitali di carte di identità e passaporti.

Ma l’Identità Digitale non ha nessuna di queste caratteristiche.

L’identità digitale può essere individuale, anonima, collettiva, ubiqua, temporanea, nomadica, e ricombinazioni di tutte queste forme (per esempio temporanea, collettiva e anonima, per esempio condividendo un account temporaneo).

È quantomeno degno di nota che nell’ambito delle Agende Digitali di tutto il mondo (e nelle intenzioni di tutti gli Stack) si promuovano forme di identità digitali che abbiano così poco di digitale.

Che questa sia una strada degna di attenzione nell’affrontare questi fenomeni? Chissà, forse lo esploreremo in un altro articolo. :)

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