Foucault, la mattina
Mia moglie Oriana sta leggendo le “Tecnologie de sè”, di Michel Foucault, e oggi, al risveglio della domenica mattina, me le racconta sul cuscino.
È bellissimo e interessante.
Io guardo sempre con sospetto le classificazioni, perchè le cose si possono classificare in modi infiniti. È vero anche in questo caso: le classificazioni storiche e tecniche che fa Foucault si possono fare in tanti modi diversi, da tante angolazioni.
Per esempio lui, focalizzandosi sui modi in cui i dispositivi sono usati per esercitare potere — anche su sé stessi, trasformando gli atteggiamenti —
fa una cosa che si potrebbe fare da un punto di vista completamente differente, per esempio rivoltandolo, e classificando in base a come permettano di esprimersi e di autorappresentarsi. O in mille altri modi diversi.
E, quindi, ti chiedi perché abbia scelto proprio quel modo, e non un altro.
Michel Foucault.
“Frocio”.
Una cosa per cui, ancora oggi, puoi essere definito da tanti (troppi) un “malato”, un “pervertito”, un “degenerato”.
Fino a pochissimo tempo fa (troppo poco, e ancora oggi, quando ti trovi nello spazio/tempo sbagliato) potevi essere internato, picchiato, torturato, elettrificato.
E allora capisci il perché quella lente di analisi sul mondo, e non un’altra.
Leggere Foucault è bello forse più per questo che per quello che c’è scritto: che è sempre molto interessante, ma è ancora più interessante perché dentro ci leggi un perché. Ci leggi Foucault, i suoi terrori, le sue paure, e anche le sue speranze.
Come mi dice sempre Oriana: all’autobiografia non si scappa.
Le classificazioni e le ontologie, anche quelle della storia, sono mappe.
Fare le mappe è un potentissimo modo di tentare di esercitare potere: fare “leggere il mondo” (o, in questo caso, la storia) come dici tu, con le classi, le gerarchie, le prossimità, le distanze e le connessioni che dici tu, è un modo molto forte di riappropriarsene, di rappresentare, di esercitare potere.
Ecco, è forse il motivo per cui gli studi e i libri di Foucault sono fatti così, come atto politico, per riacquisire potere in un mondo che ti potrebbe voler internare, picchiare, torturare o elettrificare, perché sei fatto così.
La speranza?
Me l’ha letta la mia dolce Oriana, sul cuscino da dove è iniziata questa conversazione: epimeleisthai haeutou. Prendersi cura, occuparsi, di sé stessi. E di «realizzare in tal modo una trasformazione di sé stessi allo scopo di raggiungere uno stato caratterizzato da felicità, purezza, saggezza, perfezione o immortalità.»
Tanti auguri per questi tempi difficili.