Mi sembra che gli unici veri passi che riusciremo a fare per capire meglio questi fenomeni potranno avvenire soltanto quando riusciremo seriamente a prendere in considerazione che la coscienza (e l'intelligenza) non sono un fatto localizzato in un punto. "It takes 2 to know 1" diceva Gregory Bateson. La coscienza non è nella mia testa, e neanche nel mio corpo. È nel mio potermi differenziare.
Questo articolo è molto bello proprio per questo: perché tenta di esplorare "cosa" sia la coscienza, "dove" sia, "quando" sia, "come" sia, e non può farlo se non per paragoni, per differenze. Che è esattamente quello che facciamo anche noi.
Tornando alla domanda iniziale (se potesse essere che sono solo io l'unico cosciente) verrebbe, quindi, da rispondere che se non c'è nessun "altro" da cui differenziarmi, neanche io sono cosciente.
Mi piacerebbe parlarne, anche in vista del piccolo centro di ricerca che stiamo tirando su per usare tecnologia, scienza e arte per studiare le implicazioni psicologiche, relazionali e sociali di dati e computazione.